Diritto di critica: si può offendere a mezzo social?
Care lettrici e cari lettori, questa settimana voglio parlare con voi di un interessantissimo argomento in merito al quale mi vengono fatte davvero tante domande.
Oramai quasi tutti utilizzano i social network: che sia per rilassarsi, per tenersi aggiornati su cosa accade nel mondo o per far sapere agli altri cosa si sta facendo, l’utilizzo dei social network è diventato ormai parte della nostra quotidianità.
Accade però che, proprio per l’uso oramai abituale dei social, gli utenti abbassino il “livello di guardia” che sarebbe raccomandabile adottare quando si agisce pubblicamente.
Ecco allora che, quando si trova a dover esprimere la propria opinione sui social, l’utente tende a sentirsi legittimato a tutto, perdendo quelle inibizioni che magari avrebbe nel caso in cui il pensiero o il commento che sta impunemente digitando sulla tastiera dovessero essere espressi vis à vis con il destinatario dello stesso.
Non solo.
Nei casi di diffamazione aggravata a mezzo social, gli autori dei post e dei commenti incriminati tendono a fare spesso appello al tanto discusso diritto di critica inteso quale libertà della manifestazione del pensiero.
Il diritto di critica, insieme al diritto di cronaca e alla provocazione costituisce una causa di giustificazione prevista dall’art. 51 del Codice Penale, al sussistere della quale il soggetto non può essere punito per il reato di diffamazione, anche nella fattispecie aggravata.
Ma esprimere un proprio pensiero sui social esclude sempre la diffamazione?
Vediamo cosa dice la legge.
La giurisprudenza ha sancito che costituisce legittimo esercizio del diritto di critica la diffusione di giudizi negativi che, pur impiegando termini offensivi e aspri, prendano spunto da una notizia vera, siano connotati di pubblico interesse e non trascendano in un attacco personale.
Ne deriva che, per poter valere quale causa di giustificazione, la critica deve rispettare alcuni requisiti quali la correttezza delle espressioni utilizzate, la verità dei fatti narrati e l’attinenza alla realtà, nonché la continenza.
Sul punto la Corte di Cassazione ha recentemente confermato che “in tema di diffamazione, nel caso di condotta realizzata mediante social network, nella valutazione del requisito della continenza, ai fini del legittimo esercizio del diritto di critica, si deve tener conto non solo del tenore del linguaggio utilizzato ma anche dell’eccentricità delle modalità di esercizio della critica, restando fermo il limite del rispetto dei valori fondamentali che devono ritenersi sempre superati quando la persona offesa, oltre che al ludibrio della sua immagine, sia esposta al pubblico disprezzo” (Cassazione penale sez. V, 07/05/2024, n.34057).
È dunque importante che le espressioni adoperate, seppure oggettivamente offensive, siano contestualizzate ed esposte in modo critico e funzionale e non di mera provocazione: in altre parole, le espressioni e i termini utilizzati non devono ridursi ad una inutile e gratuita aggressione verbale del soggetto criticato.
COSA NE PENSO IO?
Credo che, come ogni volta in cui ci si trova a rapportarsi con gli altri, l’utilizzo di rispetto e buona educazione basterebbero davvero a fare la differenza.
Ciononostante, qualora questi non dovessero essere sufficienti, l’accortezza e l’oculatezza nella scelta dei termini e delle modalità espressive è assolutamente essenziale per evitare spiacevoli conseguenze come l’essere ritenuti responsabili del reato di diffamazione aggravata.
Questa è una rubrica di informazione e divulgazione giuridica che ha il solo scopo di voler contribuire a livello sociale alla conoscenza dei propri diritti in quanto è mia convinzione che solo così è possibile tutelarli efficacemente dal punto di vista legale.
Se avete delle domande o volete propormi un argomento di cui parlare, potete farlo scrivendomi all’indirizzo e-mail dirittoetutela3.0@gmail.com o compilando il form che trovate sul sito www.studiolegalefois.com.
Avv. Fulvia Fois